Lo dipingerei ombroso.
Inquieta, Vito, la prima volta che lo incontri, poi no.
Sa essere un vero amico, ma a fasi alterne; un po' come la sua barba, o rasata con cura o incolta e pungente.
Double-face, comunque, come tutti.
E' sicuro di sé, o fa finta di esserlo, ed è puntiglioso e testardo, quando si impegna.
Sa anche essere smoderatamente superficiale o superficialmente smoderato.
Dipende.
Assomiglia agli Artisti che mi piacciono: pigro, sbilenco, esagerato, generoso, disordinato, fuma sigarette puzzolenti, beve caffè [meglio bollente e lungo], veste casual-indefinito e ha un passato interessante da raccontare.
Il futuro ce lo spiegherà tra qualche anno, perché ama la vita.
Anarchico con eleganza e un briciolo di mestiere, Vito spiazza l'interlocutore: destra, sinistra, centro; bianco, rosso, nero.
Sentenzia, pontifica [per gioco], ma ha una passione al disimpegno.
E' un fedele juventino, però, se ricordo bene, perché il calcio è una cosa seria, mica come la politica.
Ragazzo padano, cresciuto a prosciutto crudo e parmigiano, a volte medita, trascende e scucchiaia riso integrale.
Spiritualità seria ma liofilizzata, poi si torna al tortellino.
Di fronte a certo bendidio la macrobiotica ha i poteri azzerati.
Un personaggio speciale merita più di poche righe scalcinate: scriverò ancora di Vito Magnanini Fotografo.
Questo non è che un antipasto.

G.DeChirico